5 agosto 2010
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carabinieri |
PALERMO (ITALPRESS) – Operazione antimafia dei Carabinieri del Comando provinciale di Palermo, che hanno eseguito otto provvedimenti di custodia cautelare disposti su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia. Le accuse sono associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione, danneggiamento e traffico di stupefacenti. L’operazione, denominata “Iron Man”, ha decapitato il vertice delle famiglie mafiose di Ficarazzi, localita’ dell’hinterland orientale del capoluogo. L’indagine ha documentato il conflitto tra il boss “reggente” di Ficarazzi e quello emergente, che tentava di assumere il controllo del territorio e il racket delle estorsioni giungendo a picchiare con violenza un imprenditore taglieggiato. Gli imprenditori estorti pagavano il pizzo simulando pagamenti per servizi e forniture con regolari fatture.
L’operazione e’ il frutto di una prolungata attivita’ investigativa avviata, nel novembre del 2008, dalla Compagnia Carabinieri di Bagheria sul territorio di Ficarazzi. Le indagini hanno preso le mosse dai numerosi attentati incendiari verificatisi nel paese alle porte di Palermo a partire dal 2008 con lo stesso modus operandi: copertoni irrorati di benzina. “Indice – spiegano gli inquirenti – di un’unica strategia, di evidente matrice mafiosa, con finalita’ intimidatorie ed estorsive”. “Sin dalle prima battute – sottolineano – emerge la situazione di conflittualita’ tra il ‘reggente’ di Ficarazzi, Giovanni Trapani, e il boss emergente Atanasio Alcamo, che stava ingaggiando un serrato confronto con il primo al fine di assumere il controllo di quel territorio e il racket delle estorsioni”. L’operazione scongiura cosi’ “l’evoluzione del contrasto verso altre forme di violenza, gia’ paventate dagli appartenenti alle famiglie mafiose nelle conversazioni intercettate”. Gli investimenti dell’organizzazione criminale scoperta dai Carabinieri si incentrano soprattutto sullo sfruttamento del settore dell’edilizia. “Si tratta, – sottolineano gli investigatori – da un lato di ricavare diretti profitti attraverso l’imposizione del pizzo e, dall’altro, di fondare una sorta di ‘partecipazione coatta’ delle imprese mafiose ai lavori di quelle sane, garantendo nel luongo periodo introiti cospicui, costanti e, soprattutto, puliti e giustificabili. Il versamento delle somme oggetto dell’estorsione viene dissimulato sottoforma di pagamenti per servizi, sub-appalti, forniture, arrivando al punto di emettere regolari fatture. Si giunge, quindi, al paradosso: la mafia calcola l’iva sul pizzo. Gli ‘appuntamenti’ restano quelli tradizionali: Natale e Pasqua”.
(ITALPRESS).