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Taglio netto ai contributi in pericolo le riserve naturali


In ginocchio 73 siti naturalistici siciliani.Territori protetti fino a oggi dalla criminalità, dall''abusivismo e dai cacciatori di frodo. In due anni la Regione ha ridotto i fondi del 70%. Novanta lavoratori delle associazioni ambientaliste, che prestano servizio nelle aree, senza stipendio da luglio. Domani la protesta davanti all'Assemblea regionale di PAOLO CASICCI

DALLE Saline di Trapani, sottratte al bracconaggio e a ogni genere di speculazione, a Torre Salsa, la spiaggia nell'Agrigentino salvata dal progetto di un villaggio turistico, passando per Monte Pellegrino e Capo Rama, nel Palermitano, e Vendicari, a Siracusa. Rischiano di chiudere i battenti, le riserve naturali siciliane. Un taglio netto ai contributi della Regione per 73 siti naturalistici di rara bellezza mette in ginocchio aree uniche al mondo. E apre al rischio di nuovi assalti a porzioni di territorio che sembravano ormai al riparo dall'abusivismo e dai cacciatori di frodo.

"È il contributo della Sicilia all'anno mondiale della biodiversità" accusano, con sarcasmo, Angelo Dimarca di Legambiente e Giacinto Milazzo, coordinatore dei novanta lavoratori delle riserve che prestano servizio per conto di associazioni ambientaliste. A rischiare di più sono proprio le ventisei riserve gestite per la Regione da sigle storiche come Legambiente, Wwf, Italia Nostra, Lipu, Cai, Gruppo ricerca ecologica, Rangers... Tutte associazioni che si sono già viste ridurre il contributo regionale del 40% e che, nel 2011, lo vedranno diminuire di un altro 30%.

"Tra un anno - punta il dito Dimarca - saremo passati dai 5 milioni e mezzo di euro del 2009 a un milione e mezzo scarso. Una somma che non basta neanche lontanamente a tenere in vita le riserve, a respingere le azioni 'di disturbo' o a fronteggiare il vandalismo". Ma già oggi l'attività di gestione è alla paralisi: "Le visite guidate come la sorveglianza - spiega Dimarca- le iniziative di sensibilizzazione e di educazione ambientale e la valorizzazione dei territori, la conservazione degli ambienti naturali e la divulgazione naturalistica. Eppure, la Regione potrebbe attingere a 140 milioni di fondi europei previsti per questi scopi, ma nessuno, negli uffici competente, lavora a progetti specifici".

I primi a fare le spese dei tagli, varati dalla giunta del presidente autonomista Raffaele Lombardo, sono stati i novanta dipendenti delle associazioni, che non percepiscono gli stipendi da luglio. E che domani protesteranno, per la quinta volta nel giro di un mese, davanti alla sede dell'Assemblea regionale, chiedendo una serie di emendamenti per salvare le oasi e i posti di lavoro. Dalla loro parte, una ventina di esperti e accademici di tutte le discipline naturalistiche, autori di un appello alle istituzioni locali: "Le riserve naturali gestite dalle associazioni ambientaliste sono già a un passo dalla chiusura per mancanza di fondi; eppure hanno garantito in questi anni importanti risultati in diversi settori, e costituiscono spesso fondamentali presidi di legalità in contesti difficili", scrivono.

Nella vicenda non mancano i paradossi. "Per esempio - fa notare il presidente di Legambiente Sicilia Mimmo Fontana - quello della società regionale Biosphera, cui l'assessorato Territorio e ambiente assegna ogni anno 2,5 milioni per effettuare lavori nelle stesse aree protette che rischiano la chiusura. Per salvare le ventisei riserve basterebbero 1,7 milioni, meno del contributo per Biosphera".

"Quasi sempre, dietro alla nascita di una riserva - aggiunge Anna Giordano del Wwf, Goldman Environmental Prize (il "Nobel" dell'ambiente) nel '98 - c'è una storia di contrasto alla criminalità. Dalle Saline di Trapani, preda di bracconieri e speculazioni varie, a Capo Rama, dove il riconoscimento regionale ha bloccato lottizzazioni e discariche. Un passo indietro della Regione significherebbe far tornare in pista mafie e abusi".

repubblica.it

Vi racconto cos’è l’identità siciliana

Aurelio Rigoli, presidente del Centro internazionale di Etnostoria, racconta la sua battaglia per tutelare il patrimonio dei beni immateriali siciliano


di AGATA POLIZZI

PALERMO. Aurelio Rigoli è professore emerito di Antropologia culturale dell’Università di Palermo, presidente del Centro internazionale di Etnostoria, luminare in campo internazionale degli studi etno-demo antropologici. L’assessore regionale ai Beni culturali e all’Identità siciliana, Gaetano Armao, lo ha chiamato a rinnovare il 14 luglio scorso, i componenti della Commissione Rei, strumento di tutela del patrimonio dei beni immateriali siciliano.

Professor Rigoli di cosa parliamo quando ci riferiamo all’Identità?

“Identità è un concetto complesso, e non sempre chiaramente compreso. Almeno nella sua natura intrinseca. Spesso per identità si intende quel retaggio ‘popolare’ che si manifesta in modi e forme di folklore lontanissime dall’identità culturale vera di un popolo. L’identità è razionalità, conoscenza”.

In che senso?

“Nel senso che memoria ed eredità culturale, sono elementi essenziali dell’identità”.

Ad esempio?

“Le sagre con cui molti paesi della Sicilia propongono l’immagine dei propri luoghi non sono segni di un’identità, bensì semplici eventi popolari. Manifestazioni in cui persone si radunano per evasione, dove il cibo è un pretesto, ma dove non si rintracciano ‘riti’ ancestrali che pur rinnovandosi caratterizzano un popolo. Invece ad esempio, e diversamente, le celebrazioni in onore di San Giuseppe, diffuse dappertutto in Sicilia, segnano un momento fortemente simbolico, di carattere collettivo e culturale. Pur rinnovandosi con tempo mantengono elementi di continuità. Si tratta in questo caso di un rito che non ha perso i contorni né della tradizione né dell’identità popolare. In cui il ‘contagio’ garantisce la durata del gesto. Lo riempie di significato rendendolo eredità”.

Come si possono salvaguardare e tramandare questi beni che sono “immateriali”?
“È lo scopo di una vita. La mia. È l’insegnamento di Giuseppe Pitrè, che proprio in questi giorni è celebrato come padre della identità siciliana. Non senza difficoltà, anche il Centro internazionale di etnostoria compie il ruolo di custode dell’Identità culturale siciliana. Oggi, per volere dell’amministrazione regionale esiste uno strumento importantissimo che è la commissione Regionale per il registro dell’eredità immateriale (Rei). Ha il compito di stabilire, attraverso una metodologia rigorosa e di grande attenzione, cosa sia tradizionale e cosa soltanto popolare. Dunque di preservare dalla banalizzazione individuando quegli indicatori etnostorici identitari della Sicilia, quelli in cui risiede la più veritiera immagine della nostra Isola. Per questo ho anche proposto che venga istituita una ‘Cattedra’ Pitrè”.

Di cosa si tratta?
“Si tratta di un’istituzione non accademica, libera, di un servizio che, promotore il Centro internazionale di etnostoria, si possa attivare attenzione, studi, eventi sull’Identità Siciliana in senso stretto. Un dispositivo di valorizzazione della tradizione siciliana. Un luogo di confronto aperto a studiosi e appassionati, ad amanti della Sicilia e della straordinaria forza della sua cultura. Quella giorno dopo giorno, individuata e valorizzata dall’Etnostoria, la più attuale antropologia del territorio e delle pertinenti comunità”.


INFOBOXCentro internazionale di Etnostoria
Villa Lina, Piazza Niscemi, 48 - 90146 Palermo
Tel.: 091 7510473; Fax: 091-7510355
E-mail: ciepaler@tin.it

fonte: gds.it